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La più bella città dei mortali – Pindaro

Valle dei Templi

La Valle dei Templi costituisce il centro monumentale dell’antica città di Akragas. In realtà si tratta di una collina sulla quale sorgono una serie di templi, oltre a numerosi altri edifici sacri e pubblici. Dal 1997 l’intera zona è stata inserita nella del Patrimonio Mondiale dell’Unesco. Il parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi è uno dei siti archeologici più estesi del Mediterraneo.

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Fondata nel 582 a.C. da coloni rodi e cretesi della vicina Gela, Agrigento (Akragas) fu prevalentemente governata da una successione di tiranni. Nel 406 a.C. la città fu assediata e distrutta dai Cartaginesi. Contesa tra Cartaginesi e Romani, fu definitivamente conquistata dai Romani nel 210 a.C. Fiorente da questa data, e fino alla caduta dell’Impero romano, la città si spopolò gradualmente fino al VII secolo.

Le mura della città, costruite nel VI sec. a. C., racchiudono una superficie di ca. di 450 ettari, urbanizzati secondo una rigorosa pianta ortogonale. Protetti dalla cinta, gli edifici sacri della “Valle dei templi”, tutti di stile dorico, sono disposti, per la maggior parte, a distanza assai regolare l’uno dall’altro, per una lunghezza di 2 chilometri. Da ovest ad est, s’incontra prima il tempio di Vulcano, il santuario delle divinità ctonie, e soprattutto il tempio di Zeus, detto anche Olympieion, di dimensioni considerevoli (56 x 112 m). Distrutto oggi al livello delle sue fondazioni, consisteva di un colossale edificio a cielo aperto interamente chiuso da un periptero, la cui costruzione non fu mai portata a termine. Le semicolonne doriche del periptero si alternano a straordinarie statue di telamoni di ca. 8 m di altezza, le cui braccia, piegate dietro la testa, sostenevano la trabeazione del tempio. Più avanti, il tempio di Eracle, il più antico di tutti, risale alla fine del VI sec. a.C.; il tempio della Concordia, costruito verso il 435 a.C., parzialmente distrutto durante il sacco cartaginese, ma restaurato in età romana, risulta oggi uno tra i meglio conservati templi greci dorici d’Occidente; infine, il tempio di Giunone Lacinia, edificato intorno alla metà del V secolo a.C. su uno sperone roccioso.

Nel centro della città, la zona dell’agorà conserva i resti di un bouleuterion, di un ekklesiasterion, e dell’ “oratorio di Falaride” – in realtà un piccolo tempio costruito in età tardo-repubblicana. Nella zona di Poggio san Nicola sono anche conservati i resti di un importante quartiere residenziale di età ellenistica e romana, con domus preservate in buone condizioni, talvolta con il loro pavimento musivo. A sud della città, all’interno di una grande necropoli di età ellenistica, un monumento conosciuto sotto il nome di “tomba di Terone” risale alla fine dell’età repubblicana.

Nella seconda metà del XVIII sec., l’inizio degli scavi e degli studi sul sito, per iniziativa dei Borboni, ha aperto la strada a numerose operazioni di restauro eseguite, in modo abbastanza scriteriato, per tutto il XIX sec. e parte del XX sec.  I resti del tempio di Zeus, crollato nel 1401, sfruttati come cave di pietra, furono utilizzati nel XVIII sec. per la costruzione del molo del vicino porto Empedocle. Terremoti e spoliazioni di materiali da costruzione portarono al crollo completo del tempio di Giunone Lacinia, poi parzialmente ricostruito tra il XVIII ed il XX sec., come il tempio Eracle, le cui colonne furono rialzate nel 1923. All’interno del santuario delle Divinità ctonie, il tempio dei Dioscuri è invece un’anastilosi realizzata nel 1836 sulla base di criteri puramente estetici. Il tempio della Concordia deve invece la sua eccezionale conservazione alla successiva trasformazione in chiesa, consacrata ai santi Pietro e Paolo, alla fine del VI secolo.  Allo stesso modo, l’oratorio di Falaride si è conservato grazie al suo riutilizzo, in età normanna, come cappella di un monastero. L’area archeologica di Agrigento è stata iscritta nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO nel 1997 per lo stato di conservazione eccezionale dei suoi templi dorici, che annoverano alcune tra le più straordinarie testimonianze della civiltà greca e dell’architettura coloniale greca.

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